Il trattamento sublessicale nella dislessia

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Qualsiasi trattamento abilitativo per la dislessia viene considerato efficace se permette di ottenere un miglioramento medio che sia uguale o superiore a quello atteso dopo un anno senza interventi mirati nella velocità di lettura.

Tressoldi, Stella e Faggella, nell’articolo The development of reading speed in Italians with dyslexia: A longitudinal study (2001), hanno rilevato una diversa evoluzione nella velocità di lettura del brano in bambini con e senza un Disturbo Specifico di Appendimento: dalla seconda classe primaria alla terza secondaria di primo grado, un normolettore accresce in rapidità di lettura 0,50 sill/sec. in media all’anno, mentre i bambini con dislessia, che non svolgono attività di potenziamento, hanno un miglioramento quasi dimezzato, pari a 0,30 sill/sec. l’anno.

Il processo di velocizzazione della lettura si realizza dalla seconda primaria alla terza secondaria di primo grado (Stella e Cerutti Biondino, 2002) e, mentre la differenza tra un normolettore e un/a bambino/a con dislessia è meno evidende nei primi anni della primaria, il divario diventa particolarmente rilevante alla scuola secondaria di primo grado (lo specifico studio longitudinale ha rilevato una differenza media di 2,5 sill/sec.), con ripercussioni sia sul piano dell’accesso ai contenuti del testo, sia sul piano affettivo-relazionale derivante dalla percezione evidente delle proprie difficoltà rispetto al gruppo dei pari.

E’ importante precisare inoltre che raggiungere le 2 sill/sec. nella rapidità di lettura si ritiene sia fondamentale, seppur con differenze da bambino a bambino, per consentire la comprensione di quanto letto – quando non vi è una compromissione specifica anche di tale abilità – (Cornoldi, Colpo e gruppo MT, 1998).

Sono ormai numerosi gli studi relativi agli approcci abilitativi che si sono dimostrati più efficaci nell’intervenire per il recupero delle difficoltà di lettura (sia in velocità che in accuratezza). Tra questi, il trattamento mirato all’automatizzazione del riconoscimento sublessicale si è rilevato tra i più efficaci.

Esso si fonda sulla consapevolezza che l’apprendimento della lettura implichi, tra le altre, un’importante fase in cui il/la bambino/a acquisisce e automatizza il riconoscimento di parti sempre più ampie della parola scritta.

Si ipotizza che nel lettore normodotato questa progressione avvenga in modo spontaneo tramite la semplice esperienza di lettura. Si suppone quindi che il sistema percettivo sia in grado di rilevare i gruppi di grafemi che hanno un valore psicolinguistico associandoli alle conoscenze verbali possedute dal lettore per semplice, anche prolungata, esposizione. Per tutti coloro che al contrario riescono a fare questo con molta fatica […] si ipotizza che il “sistema” non sia adeguatamente predisposto per questa funzione, a causa delle normali variazioni biologiche di tutte le funzioni cognitive e in particolare di quelle fonologiche.

DISLESSIA E TRATTAMENTO SUBLESSICALE, CAZZANIGA ET AL., 2005, TRENTO – ERICKSON

L’obiettivo del trattamento sublessicale diventa quindi quello di: 

  • facilitare i processi cognitivi implicati nella lettura, con riferimento alla rilevazione di parti sublessicali importanti, quali la sillaba nelle sue diverse forme, fino al riconoscimento di parole intere;
  • attraverso una ripetizione prolungata, favorire la loro associazione alle corrispondenze fonologiche, al fine di rendere più rapido e corretto (cioè automatizzato) il processo di lettura.

Per approfondire:

Cazzaniga et al. (2005),  Dislessia e trattamento sublessicale, Trento, Erickson; 

Allemandri et al., Trattamento della dislessia evolutiva: un confronto multicentrico di efficacia ed efficienza, “Dislessia”,Vol. 4, n.2, maggio 2007, pp. 143-162

Tressoldi et al., Ulteriori evidenze sull’efficacia dell’automatizzazione del riconoscimento sublessicale per il trattamento della dislessia evolutiva, “Psicologia clinica dello sviluppo”, a. XI, n.1, aprile 2007, pp. 27-37

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