Le aree prefrontali del nostro cervello sono coinvolte in tantissime funzioni di controllo del comportamento; si tratta di una complessa architettura anatomica, convenzionalmente distinta in aree laterali, mediali e orbitali, responsabile di ciò che oggi viene definito come “funzione esecutiva”.
La funzione esecutiva è l’insieme delle abilità che permettono all’uomo di assumere comportamenti indipendenti dagli stimoli ambientali, finalizzati e autoconservativi, di raggiungere piani personali e di adattarsi efficacemente e con successo ai contesti di vita.
Una tassonomia complessa e uniforme delle funzioni di controllo attualmente non c’è. Pianificare, programmare, valutare le strategie di comportamento per eseguire compiti nuovi, monitorare i piani, risolvere problemi, mantenere l’attenzione, elaborare le informazioni in memoria di lavoro, inibire le risposte automatiche, inibire reazioni emotive non congrue al contesto, cambiare in modo flessibile il proprio comportamento, sono tutte espressioni di questa importante abilità umana.
A complicare ulteriormente il quadro delle ricerche che vorrebbero condurre verso un elenco delle diverse funzioni esecutive, è la stessa descrizione strutturale e funzionale della corteccia prefrontale, che si avvale di un’organizzazione in reti operativamente complessa, necessaria ad organizzare e dirigere numerosissime attività cerebrali, da quelle motorie propriamente dette, a quelle di ordine superiore rappresentate dalla memoria di lavoro, dall’abilità di creare piani di azione e di anticiparne gli effetti.
Senza il ruolo di attivazione, programmazione, esecuzione, supervisione e inibizione esercitato dai lobi frontali, le attività cerebrali o non si innescano, o vengono eseguite in modo impreciso, incompleto o apertamente scorretto. Tuttavia è bene anche non dimenticare che le aree frontali, deconnesse dai nuclei della base o dalle aree più posteriori del cervello, nulla potrebbero da sole […]. È la reciproca interazione tra aree prefrontali e la restante parte del cervello che consente all’uomo di agire fisicamente.
(A. Mazzucchi, 2012)
Tra i circuiti fronto-sottocorticali, quelli prefrontale dorsolaterale e prefrontale orbitofrontale sembrano essere maggiormente coinvolti nelle abilità che sono di frequente oggetto di intervento nei principali distrurbi del neurosviluppo, quali attenzione, memoria, abilità visuo-spaziali, linguaggio e regolazione degli stati affettivi, ma anche nei deficit di controllo comuni a numerose condizioni patologiche del sistema nervoso centrale nell’adulto.
Un’alterazione delle funzioni frontali è infatti spesso frequente nelle malattie neurodegenerative come la demenza di Alzheimer, la demenza fronto-temporale oppure il morbo di Parkinson, ma anche le malattie vascolari, le condizioni immunologiche come la sclerosi multipla, le malattie psichiatriche e diverse altre patologie possono essere associate a minore efficienza dei sistemi di controllo.
Diventa quindi essenziale, anche al fine di realizzare interventi abilitativi e riabilitativi efficaci, valutare in modo quanto più possibile esauriente la funzionalità cognitiva e comportamentale dei lobi frontali.
Per approfondire:
Grossi & Trojano (2005), Neuropsicologia dei lobi frontali, Bologna, il Mulino
Mazzucchi (2012), La riabilitazione neuropsicologica. Premesse teoriche e applicazioni cliniche, Milano, Elsevier Srl