Attualmente circa 50 milioni di persone nel mondo convivono con qualche forma di demenza e, considerando l’allungamento dell’aspettativa di vita, tale stima è destinata ad aumentare.
Studi recenti hanno messo in evidenza la possibilità di ridurre l’impatto della demenza nella popolazione mondiale limitando i fattori di rischio più frequentemente correlati al disturbo, sebbene l’età e la genetica rimangano due condizioni difficilmente contrastabili.
La demenza è difatti primariamente una malattia della vecchiaia, con un esordio tipico dopo i 65 anni ed un aumento esponenziale all’aumentare dell’età. La presenza di specifiche mutazioni genetiche inoltre ha un’incidenza sulla percentuale di casi (apolipoproteina E), anche se molto ristretta.
I fattori considerati invece come potenzialmente modificabili, possono essere ricondotti a tre principali categorie
lo stile di vita individuale
l’inattività fisica
il fumo di sigaretta
l’eccessivo consumo di alcool
l’esposizione all’inquinamento
la gestione di specifiche malattie
l’ipertensione
l’obesità
la depressione
il diabete
l’ipercolesterolomia
condizioni non strettamente sanitarie
pregressi traumi cranici
una vita socialmente povera
un basso livello di istruzione
Nelle line guida “Risk reduction of cognitive decline and dementia”, stilate dall’Organizzazione mondiale della sanità (WHO 2019), si sottolinea come – oltre alla la diagnosi precoce, al trattamento e al supporto medico e professionale – proprio il cambiamento degli stili di vita sia l’elemento di svolta per la prevenzione del decadimento cognitivo.
Per approfondire:
https://www.who.int/mental_health/neurology/dementia/guidelines_risk_reduction/en/
Livingston, G. et al. (2020). Dementia prevention, intervention, and care: 2020 report of the Lancet Commission. The Lancet, 0(0)