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Le diverse forme di demenza

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La demenza è un deterioramento cognitivo cronico progressivo che determina deficit cognitivi multipli (memoria, linguaggio, funzioni esecutive ecc.), i quali influenzano la vita quotidiana di una persona in normali condizioni di vigilanza, intaccandone la personale autonomia.

Le cause possono essere numerose e vanno dalle patologie neurologiche (malattie degenerative, traumi cranici, disturbi vascolari, infezioni ecc.), a quelle non neurologiche con effetti secondari sulle funzioni cognitive.

Vi è perciò un’ampia variabilità clinica dei casi di demenza, con altrettante differenti classificazioni. Vediamo brevemente alcune delle tipologie più conosciute:

la Demenza di Alzheimer è la forma più frequente di disturbo neurocognitivo poiché rappresenta la metà dei casi ad esordio classico in età senile. Presenta un andamento cronico-progressivo, che intacca primariamente la memoria (anche se tutti i domini cognitivi possono essere inizialmente compromessi, insieme al comportamento), con un quadro di amnesia anterograda (la capacità di imparare informazioni nuove, di ricordare fatti recenti). Il declino cognitivo diviene significativo rispetto alle prestazioni precedenti e tipiche dell’individuo. 

Le cause vengono attualmente individuate nella sintesi anomala della proteina TAU, che interferisce con il funzionamento neuronale portando alla morte della cellula, nella perdita di connessione tra neuroni e riduzione di acetilcolina (neurotrasmettitore utile alla comunicazione tra neuroni) e nell’ alterazione del metabolismo delle proteine, con accumulo di aggregati (gomitoli neurofibrillari detti placche amiloidi) che hanno effetto neurotossico. La diagnosi è ancora oggi espressa come “Malattia di Alzheimer probabile”, poiché si può averne certezza solo con un esame istologico.

La Demenza vascolare è una forma di deterioramento cognitivo determinata da lesioni ischemiche o emorragiche, spesso presente in concomitanza ad altre malattie degenerative corticali. Si distingue infatti la demenza vascolare probabile, che indica la forma pura, da quella possibile, che indica le forme miste (per esempio in concomitanza alla Demenza di Alzheimer). Le caratteristiche cognitive sono molto differenti, poiché diversa può essere la sede della lesione che lo determina. Viene perciò diagnosticata con un’attenta integrazione tra storia anamnestica, esami obiettivi, valutazione neuropsicologica di I e II livello.

La Demenza fronto-temporale rimanda ad uno spettro di manifestazioni comunemente distinte in variante comportamentale, con disturbi nel comportamento e/o esecutivi,e in afasia progressiva primaria, che implica invece disturbi di linguaggio. Alla base vi è un differente coinvolgimento delle aree prefrontali e/o temporali del cervello, oltre che meccanismi neurobiologici e anatomo-patologici distinti. 

Disinibizione, apatia/inerzia, perdita di empatia, comportamenti perseverativi/stereotipati, iperoralità e modificazioni nel comportamento alimentare, oltre ai deficit delle funzioni esecutive, sono alcuni dei sintomi comportamentali precoci che caratterizzano la variante comportamentale, con funzioni visuo-spaziali e memoria episodica spesso risparmiate. 

I sintomi dell’afasia progressiva primaria si identificano invece in una progressiva alterazione del linguaggio e perdita delle autonomie ad esso specificatamente correlate (tutte le altre autonomie sono, almeno nei primi due anni, preservate).

La Demenza a Corpi di Lewy è una forma degenerativa causata da accumuli della proteina sinucleina, i “corpi di Lewy” appunto, individuati all’interno del citoplasma delle cellule gliali. Le sue manifestazioni cliniche sono simili alla malattia di Parkinson, dalla quale si differenzia per la comparsa precoce dei disturbi cognitivi: la Parkinson demenza prevede infatti la comparsa di deficit cognitivi dopo un anno dall’esordio dei sintomi motori. Questi ultimi implicano tremore a riposo, rigidità e instabilità posturale, mentre le caratteristiche cognitive più comuni includono la compromissione delle funzioni esecutive, deficit nella memoria di riconoscimento e nelle abilità visuo-percettive, allucinazioni visive e fluttuazioni cognitive. Secondo diversi studiosi dunque, le due condizioni sarebbero espressione di uno stesso processo patogenetico di base.

La Malattia di Huntington ha un esordio tra i 30 e i 50 anni di età ed è una patologia neurodegenerativa ereditaria, la cui diagnosi implica la positività ad un test genetico e la presenza di movimenti ipercinetici (movimenti involontari, rapidi e aritmici con scatti improvvisi riferiti soprattutto agli arti superiori). Sebbene i disturbi motori siano considerati l’aspetto centrale della malattia, essa può implicare numerosi deficit cognitivi, in particolare la presenza della variante non amnesica di Mild Cognitive Impairment (MCI), forma preclinica di demenza senza deficit riferiti alla memoria, con compromissione delle funzioni esecutivo-attentive in aggiunta a sintomi psico-comportamentali (alterazioni della personalità e delle condotte sociali).

Per approfondire:

Papagno C. & Bolognini N., (2020), Neuropsicologia delle demenze, Bologna: il Mulino 

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